Visita al villaggio Kassena di Tiébélé – Burkina Faso
22 maggio 2015
Fra mille sobbalzi percorriamo gli ultimi venti chilometri di pista che ci separano da Tiébélé, la dimora reale del capo Aneya e delle sue 15 mogli situata ai margini del villaggio. Percorriamo, condotti da un Cicerone locale, le stradine polverose di questa immensa “residenza” alla ricerca delle abitazioni più interessanti e affascinanti. Gli edifici che compongono i villaggi famigliari dei Kassena, simili a delle solide fortezze, sono modellati in forme gradevoli e ardite. Queste solenni costruzioni chiamate “Sonron”, continua nel suo racconto il nostro Cicerone, possono avere pianta rettangolare, rotonda oppure una combinazione più o meno complessa di queste due principali forme. Sebbene questi disegni costruttivi siano così diversi, tra loro li abbiamo trovati entrambi stupefacenti. Le pareti in banco sono rivestite di resina ricavata dal dawa-dawa, l’albero del carrube africano, per proteggerle dalle copiose piogge primaverili. Le terrazze di copertura, anch’esse realizzate in terra battuta impermeabilizzata, sono, nelle ore notturne, il luogo ideale per riposare nel periodo caldo umido antecedente la stagione delle piogge. Lungo il percorso ci fanno osservare che lo spazio interno della cittadella è diviso in vari recinti, ciascuno utilizzato dalle mogli del capo Aneya con i propri figli. Questi recinti racchiudono al loro interno il pollaio, il granaio, la cucina e l’abitazione vera e propria utilizzata quasi elusivamente per dormire. Le tecniche costruttive sono simili a quelle utilizzate in tutto il territorio sudanese: con la paglia tritata, fango, burro di Karité e sterco di mucca si confezionano informi mattoni, utilizzati per elevare le pareti, con i tronchi d’albero si realizzano le strutture portanti. Agli uomini compete il compito della costruzione mentre le donne sposate sono delegate sia alla posa dell’intonaco sia alla sua decorazione. I motivi geometrici e le figure in rilievo che decorano le pareti esterne di queste case hanno disegni che rappresentano animali e oggetti di vita quotidiana. Quelli più ricorrenti sono il motivo triangolare chiamato “Wanzagsi”, cioè zucca rotta, i triangoli appiattiti, che rappresentano la rete per le zucche vuote, e infine la serie di linee parallele incrociate da diagonali che riproducono il motivo dei solchi dell’aratro; tutti questi disegni sono importanti simboli femminili. Infine, quando il triangolo ha il vertice rivolto verso l’alto, inneggia il sesso femminile per cui la fertilità e la prosperità, quando invece è rivolto verso il basso funge da deterrente contro la morte. Fotografiamo i numerosi ornamenti in rilievo ispirati al mondo animale che decorano le facciate delle case quali coccodrillo, lucertole, serpente e camaleonte: il nostro Cicerone ci informa che queste figure mitologiche svolgono, da sempre, una funzione apotropaica agiscono, cioè, come dei coadiutori dell’individuo nel suo costante confronto con gli spiriti e le forze sovrannaturali. I serpenti e le lucertole, per esempio, sono ritenuti portatori di fertilità e protettori contro i nemici mentre le ali stilizzate degli uccelli rivestono un ruolo protettivo contro qualsiasi pericolo. Veniamo infine a sapere che le zampe di gallina vengono invece rappresentate poiché questo pennuto viene spesso offerto in sacrificio agli dei in occasione di importanti feste e cerimonie.