I Vedda, il popolo della foresta
10 febbraio 2016
Incontriamo nella giungla meridionale dello Sri Lanka l’ultimo popolo aborigeno di quest’isola: i Vedda, un’etnia che ha mantenuto inalterato lo stile di vita dei propri antenati.
Alcuni recenti studi hanno testimoniato che i Vedda sono i discendenti di una comunità neolitica che raggiunse l’isola circa 18000 anni fa. La vita seminomade di questo popolo segue il ciclo naturale delle due stagioni (quella umida e quella secca) ed è basata soprattutto su ciò che offre la natura. Gli uomini, eccellenti arcieri, si dedicano alla caccia e alla raccolta del miele mentre le donne vanno alla ricerca di radici commestibili e patate dolci. L’etimologia del termine Vedda in lingua dravidica significa “cacciatore” e indica inequivocabilmente il loro modo di vivere, essi però preferiscono autodefinirsi Wanniyalaeto che significa “abitanti della foresta”. I Vedda abitano in minuscole capanne e ripari temporanei costruiti in fango, legno, corteccia e frasche con pavimento in terra battuta e i gruppi più isolati vivevano fino a una ventina d’anni fa nelle caverne naturali. I Vedda furono costretti a rifugiarsi nelle foreste meridionali dell’isola a causa delle continue invasioni dei popoli provenienti dall’India diventando così battitori provetti: gli strumenti utilizzati per cacciare sono di tipo neolitico (lancia, ascia e bastoni) con l’aggiunta del più moderno arco. I Vedda sono animisti e adorano un ricco pantheon di divinità al quale le offerte (riso e latte di cocco) sono officiate nella speranza di acquisire aiuto, protezione e conforto per le varie tribolazioni terrene. Molto importante è, oltre il culto degli antenati, quello degli spiriti dei defunti recenti chiamati yakku: questi ultimi, diventati ormai i protettori della comunità, hanno il potere di dare consigli al Dugganawa, l’anziano del villaggio che funge in questo caso da intermediario fra lo spirito e gli intervenuti alla cerimonia che viene quasi sempre organizzata per allontanare malattie, epidemie o per chiedere aiuto nella caccia.
Raggiunta la casa del capo villaggio osserviamo esposte sulle pareti dell’ampio portico delle fotografie, ormai sbiadite dal tempo, che raffigurano il vecchio capo Uru Warige Wanniya che, alla riunione dell’ONU di Ginevra del 1992 rivendicò per il suo popolo il diritto alla terra, all’auto governo e a continuare a cacciare nel proprio territorio ormai trasformato nel 1983 nel Parco Nazionale di Maduru Oya. A seguito di questo intervento la risoluzione dell’UNHCHR, l’organo dell’ONU che s’interessa dei diritti delle popolazioni indigene, esortò il governo di Colombo a riconoscere e rispettare le prerogative dei Wanniyalaeto affinché possano continuare a vivere secondo il proprio credo sociale, politico e religioso. Ciononostante le pressioni esercitate dal governo centrale e locale continuano, come proseguono le discriminazioni operate dai coloni cingalesi confinanti e dei guardaparco. Ormai solo pochi gruppi Vedda conservano pienamente le millenarie tradizioni culturali.